27/09/07

hummer

allora sono di nuovo da mister donuts.
dentro la tv piazzata lì accanto va a ripetizione lo spot di mister donuts.
lo cantò,che ormai so le parole anche se non so cosa stiano dicendo.
mister donuts è un posto dove si vendono le ciambelle.
ciambelle di tutti i tipi e di molte forme diverse.
i colori invece sono pochi e più o meno tutti simili.
c'è un pò di bianco, un verdognolo spruzzato ogni tanto, molto marrone.
tanti tipi di ciambelle.
scorro col vassoio.
prendo in mano le pinzette per afferrare le ciambelle.

provo le pinze in aria.
le pinze funzionano e afferrano l'aria.
scorro col vassoio e le pinze nel vassoio.
ci sono ciambelle a forma di stecco,ciambelle rotonde, ciambelle a forma di tanti rotondi che si inifilano uno dietro l'altro e col buco in mezzo, ci sono ciambelle su tre livelli.
alla mia destra una mamma fa fatica a scegliere le ciambelle.
nè ha già afferrate otto, tutte accartocciate insieme nel vassoio.
il bambino fa i gesti e guida la scelta.
io guido la mia mentre guardo la loro.
guardo il bambino, il bambino mi guarda, io spero che non chieda alla mamma di afferrarmi con le pinze.

rallento e cammino lento.
scelgo una ciambella ,col buco in mezzo e lo spazio intorno con su un lato una strisciata di cioccolata rafferma.
poi vado avanti e afferro con le pinze una ciambella rigonfia picchiettata di scagliette di cocco che sciamano in giro appena le mie pinze la toccano.
la mamma sta pagnado.
si fa dare una scatola di cartone ci infilano le ciambelle dentro e loro fanno per andarsene e andarsele a mangiare forse a casa.
io invece chiedo un caffè.
cosa!' fa l'espressione di lei sul viso.
un caffè, ripeto.
caldo.
-caffè.......cinque minuti..............-
capisco solo queste due cose.
allora dico:- qui.
-tutto-
-ora-
questo è quello che dico.
lei forse mi capisce, mi guarda sempre co sto cappello di ordinanza infilato in testa.
io penso che....
poi mi dimentico cosa stavo pensando e rimango ad aspettare il caffè.

lei mi fa cenno che vado là con la mano me lo dice che poi me lo porta lei.
io capisco.
lei mi riconsegna la tessera dei punti del mister donuts.
io la afferro.senza pinze.
è ancora calda,la tessera,perchè ogni volta la infilano in una qualche macchinetta e cancellano i punti vecchi con qualche questione di caore e poi ci imprimono i nuovi punti.
io non lo so che cosa si vinca con questi punti,non so neanche se si vinca qualcosa.
allora penso che il fatto che non so se si vinca qualcosa con i punti che accumulo forse è una cosa di quelle metaforiche, che vogliono dire altro da quello che apparentemente vogliono dire.
insomma,penso che tutto mister donuts stia lì per un altro motivo da quello apparente che è quello di vendere ciambelle.
allora cerco di capire quale è questo altro motivo.
e ci sono altri che siedono e mangiano le ciambelle e chiedo loro se sono anche loro delle metafore, magari stanno lì per dare un senso ancora più metaforico a tutto quel negozio pieno di ciambelle.
cerco qualche metafora collegata alla mia infanzia e ai miei ricordi di infanzia e quando arriva il mio caffè chiedo alla commessa : -sai se per caso anche tu sei una metafora? - poi mi sembra di essere un pò maleducato a fare quella domanda e la cambio : - sai se mister donuts in realtà è una metafora di qualcos'altro? - lei non credo capisca.

il caffè è nero.
in una tazza da cappuccino.
mi sono fatto dare tre minivaschettine di latte.
apro tutte e tre le vaschettine. aspetto a versarle che siano aperte tutte e tre.
le verso rapidamente una dietro l'altra. il latte crolla nel caffè iniziano le volute che conosco e che aspetto sempre.
la goccia di latte si spalma nel liquido nero, poi si sfalda nel caffè e iniziano delle piccole turbolenze irregolari.
il caffè lento cambia colore, le ondine del latte si fanno tante ,un pò ovunque in mezzo alla tazza.
salgono le prime macchie che restano aggrumate senza confondersi e mischiarsi al caffè.
questo vuol dire che il latte è un latte finto.
adesso c'è un pò di marrone ovunque e anche le ultime parti di nero si sfanno lente in mezzo alle onde di bianco che si strusciano intorno.

io tocco le ciambelle mentre aspetto che il caffè e il latte si calmino.

Mordo la ciambella con le scaglie di cocco e tutto si sbriciola sul vassoio, briciole di ciambella e briciole di cocco.
briciole in giro ,alcune cadono nella tazza ormai marrone.

intorno sento i rumori del supermercato che ci circonda tutti.
fuori c'è il sole.
le bandiere delle pubblicità a forma di stendardo si scotono al vento.
c'è spesso vento qua.
guardo il parcheggio fuori.
un hummer entra e si ferma proprio davanti al finestrone.
scende uno che sarà alto un metro e cinquanta.

poi penso che le metafore sono cose strette.

05/09/07

mt.moiwa

allora siamo praticamente immersi nel verde,in mezzo agli alberi, in mezzo alle piante basse e a tutti gli insetti che l'estate qui si scatenano.
lui arranca con affanno davanti a me dicendo ogni tanto al vento "da qui" o anche "da questa parte" oppure " attento qua".
io in realtà non lo ascolto , o forse si, visto che mi ricordo le frasi sue.
lo seguo docile.
gli fisso la schiena la maglietta e i pantaloni senza forma, poi la maglietta lentamente cambia colore,si bagna ,è sudata.
io lo seguo docile.
mi spingo il palmo di una mano sul ginocchio per darmi spinta,poi spingo l'altro palmo dell'altra mano sull'altro ginocchio,per darmi spinta.
respiriamo alternati, lui prima poi io , prima io poi lui.
"manca poco?" penso senza dirlo.
siamo in mezzo alla vegetazione,in mezzo agli alberi,in mezzo agli insetti che d'estate qui si risvegliano tutti insieme.
è umido, è umido tutto.sono umido io ,è umido il terreno, l'aria è umida ,il braccio mi si imperla continuamente di sudore, goccia su goccia le vedo uscire sotto i miei occhi.
era mattina che eravamo partiti. è ancora giorno che siamo qui.
in cima al monte ,come mi dice lui, si vede tutto,ma proprio tutto.nulla rimane fuori dagli occhi,poi il vento ti rinfresca, poi si può riscendere con calma quando ti pare,dice lui.
io ci credo, ma poi smetto.
poi riprendo a crederci,perchè sembra proprio così,anche nei racconti di chi già l'ha fatto, di chi l'ha fatto prima ,di chi l'ha fatto ieri.
non incontriamo nessuno sul sentiero.tutti avranno scelto di prendere la funivia,perchè forse il troppo caldo l'infastidiva.
io non so chi abbia detto tra noi due "andiamo a piedi" comunque siamo a piedi.
ho i piedi che bruciano.
il sudore che scende.
davanti a me la maglietta che vedo ora è completamente bagnata.
sembra di essere in una sauna.
una di quelle che ti tolgono proprio il respiro, e ti si fa difficile anche solo aprire la bocca per mettere dentro aria.
dal naso neanche a parlarne.
qui invece in quest'intrico di rumori d'insetti respiro col naso.
sono solo insetti,anche gli alberi sono insetti.
sembra che gli alberi ne siano pieni, ne siano composti.
probabilmente gli alberi in realtà sono molti insetti che stanno tutti insieme e si cantano reciprocamente.
"gli alberi ne sono pieni" dico a lui che mi sta davanti.
"di che?"
"di insetti" dico io.
"quelli che fanno questo rumore"
lui fa di si con la testa e risponde " si,fanno questo rumore".
lui è abituato.li sente ogni estate,ogni volta che arriva il caldo.
io invece ancora non mi ci abituo,come la prima notte a casa mia passata ad ascoltare le ruote del tram sotto casa.
"come il tram sotto casa mia" urlo forte,forse per superare il muro di umidità che mi separa da lui.
per un pò non risponde, forse pensa agli insetti messi vicino ai tram,che insieme ci stanno poco.
poi dice " a me piacciono" e non capisco a cos si riferisce,se agli insetti ,al tram o ad entrambi.

"manca poco?" penso io senza dirlo.
lui davanti non parla, ansima solamente.lo vedo concentrato,corrugato sui suoi pensieri che forse combaciano con la strada da fare.
io cerco di corrugarmi anche io,insieme a lui,ma desisto.
io sono corrugato solo sulla sua schiena,che si ondula in qui e in là, tutta bagnata.
"dovremmo essere quasi arrivati" sento lontano,come se a pronunciare la frase fosse uno sconosciuto chissà dove.
gli insetti ora mi stanno nella testa e non sono più gli alberi.
adesso mi stanno in testa.
e si sono mischiati col dovremmo essere quasi arrivati e mi confondono tutto.
probabilmente ci sono solo loro ora.
sono avvolto nell'umido e qualcosa ormai, sono sicuro,mi si è appiccicata addosso.
vorrei evitare di pensare "forse abbiamo sbagliato strada" ma non sono sicuro di poter resistere.
lo penso ugualmente.
lo penso ugualmente.
lo penso ugualmente.
non smetto di pensarlo.
non smetto di pensarlo.
"forse abbiamo sbagliato strada" l'ho detto. e me ne pento.
lui neanche mi guarda.forse non mi ha sentito.
io cerco di dimenticarmi.mi dimetico.penso agli insetti.
poi dopo tipo otto ore lui esclama "non ci siamo persi!".
e poi più nulla per altre otto ore.

stiamo ancora camminando.
siamo ancora in mezzo alle piante.
in mezzo agli insetti.
poi mi sento dire "io me ne torno a casa,cioè ho il volo la prossima settimana"
io non parlo.
poi all'improvviso dice che siamo arrivati.
c'è uno spiazzo. dove il sole crolla a picco,perpendicolare sulle teste.
io mi guardo intorno. guardo al di là della montagna. non si vede la città.
lui allora dice "mi sa che siamo finiti dall'altra parte".
io lo guardo,ci guardiamo, poi gli chiedo "ma davvero te ne vai?".

24/07/07

munchenbashi

in fondo verso sumikawa.
è tutta discesa e il sole rotola insieme fino in fondo,quando davanti trovi quel pezzo grosso di cemento e vetro e plastica che è la stazione della metro.
allora, con fatica sospirando, è arrivato l'umido. anche qua arriva, pechè blablablablablablabla.
sono più o meno sette o otto curve in discesa, poi venti o trenta barbieri e saloni di bellezza.
un palazzo dove dentro compri le cose, molti ristoranti (di cui il nome uno se li dimentica sempre,sempre).
ci sono gli scolari che tornano a casa dalla loro giornata a scuola, le nonne che tornano o vanno da qualche parte, le biciclette che vengono pedalate, le macchine che imboccano le strade e fanno ticchettare le frecce.attraverso più volte la strada, confondendomi con le cose bianche per terra, le cose verdi che lampeggiano, i semafori che fanno "pio,pio, pio, pio, pio..."
sono da solo in mezzo all'umido.e in mezzo al sole. a tratti, ai lati delle strade, al di qua dei marciapiedi, accovacciati per conto loro, vestiti delle loro uniformi, piegati sul loro lavoro, i giardinieri del comune infilano zappette e zappettine, mini-palette e terriccio, svuotano buste di plastica, infilano mani e sfilano piantine arancioni,fiori vila, steli gambi tutti colorati. Si chiacchierano ogni tanto ,con rarità e parsimonia.
Fissano più che altro il pavimento,la terra segnata nel dentro delle piccole aiuole. con le palette si aiutano e creano piccole buche,piccoli alloggi per le piantine con le radici all'aria.
ne mettono una arancione e poi una viola, poi una arancione e poi una viola."mi passi una piantina?" si chiedono in silenzio.uno fa un mezzo inchino e la passa.
"mi passi quella viola" chiedo uno. l'altro si guarda in giro dubbioso, poi infila una mano in una busta, si guarda ancora intorno, fa un mezzo inchino e porge la piantina.
il primo,quello che aveva fatto la richiesta,ringrazia.
le piantine formano una fila mentre io cammino, e mi inseguono - forse-.
i piantatori del comune sono più veloci di me, e mentre io cammino mi inseguono e mi superano e io accelero ma loro sono piùveloci.e non ci fanno apposta,non fanno a gara.sono più veloci e basta.
il sole rotola giù in fondo alla strada e quando la discesa finisce continua a rotolare oltre il semaforo,oltre l'incrocio.pure il sole mi segue. direbbero altri che sono io che seguo lui.
sono solo con il sole e con i piantatori di piante blu e rosse.
marco dice:- comunque vada, quando una cosa è finita è finita, si cambia capitolo e basta.
guido: - non credo sia così facile e immediato. -
Marco lo fissa per pochi secondi,prende aria per i polmoni e continua : - se un rapporto è finito ,si deve chiudere,inutile tamponare le ferite o amputare i brandelli morti.-
guido: - non credi che sia troppo facile usare metafore del genre? sembra che tutto torni,poi. -
marco: - le emtafore non c'entrano, è semplicemente che se un amore è finito, trascinarlo è criminale, e se si deve soffrire che lo si faccia, sperando che duri il meno possibile.-
guido: - e tu non pensi a quello che è stato lasciato?-
marco: - ma come parli? come parli? quello che uno si sente va fatto, non si può aspettare che qualcuno si abitui all'idea, sarebbe falso e poco rispettoso.-
guido si altera nel sole: - e della sofferenza di chi è stato lasciato!? COSA SIGNIFICA? che vale di meno?? che andrebbe calcolata come un effetto collatelare?? come una minoranza silenziosa?-
marco contiene le parole di guido: - non ho assolutamente asserito ciò. Credo però che chi dice BASTA vada rispettato, tutto qua.-
guido - forse per il sole - si sente mancare: - e può quindi fare ciò che più desidera!? dire ciò che vuole,usare i comportamenti che più gli aggradano, ferire e far contorcere le interiora dell'altro?-
guido mi guarda, io alzo le spalle e allargo un pochino le braccia, come a dire "e io che ne so?"
marco fa lo stesso, dopo aver ascoltato giorgio si volta e mi fissa, io lo rifisso e faccio un verso senza parole che più o meno sta per : "eh,e quindi? che dovrei dire!?".
mi vorrebbero mettere in mezzo, farmi fare il pendolo sotto il sole, ma io sudato e disidratato ,riesco a rimanermene in silenzio, e cammino.
giorgio: - certo ,perchè chi lascia ha il coltello dalla parte del manico e decide degli umori di entrambi, e fa suo tutto quel sentire arrabbiato dell'altro, e ci nuota dentro e poi glielo rigetta contro. -
marco sembra non aver capito, ma comunque parla per non dare l'mpressione di non avere nulla da ribattere.
e inizia così: - NO! - ma non sa di preciso a cosa si rierisca quel no.
poi: - ma nessuno può sentire tutto di tutti! se dovessimo ascoltare tutti quanti i moti d'animo moriremmo tutti con la testa esplosa.
Io quando sento "moti d'animo" ho un mancamento e per poco non cado tra i fiori gialli e neri.
guido: - non ti nascondere dietro al dito! non lo fare! lo sai che non è così semplice.-
michele: - il diritto di poter smettere d'amare uno lo può anche avere? o no? -
guido: - ma sia chiaro, che questo diritto non metta i piedi in testa a chi ti sta di fronte! un conto è smettere d'amare , un conto far soffrire coscientemente.-
mentre marco e giorgio parlano siamo arrivati ormai al ponte sul fiume.
da lì il fiume sembra tutto luccicante.è un fiume un pò striminzito ,tante rocce e poca acqua,alberi che si rivoltano verso il letto del fiume, rami che toccano appena l'acqua.
michele e giorgio continuano a discutere di maori finiti e affetti disastrati.
- beh però quel sapore di malinconia che ti rimane in bocca quando tutto si placa e non muori più al solo pensiero...- mentre guardo il fiume che scorre sotto dico solo questo.
michele e guido si fermano per un attimo, mi guardano strani e poi si rimettono a discutere fitti.
c'è ancora il sole che batte. spero di non essermi preso un'insolazione.

18/07/07

otaru beach

VOUOUOUOUOUSHHH
VOUOUOUOUOUSHHH...

Alzo il dito in alto e lo muovo nell'aria.
"vento" dico.
chi mi sta vicino mi guarda e fa di si con la testa.
sono felice.
VOUOUOUOUOUSSSHHH...
VOUOUOUOUOUSSSHHH...

punto il dito verso il fondo,lo agito in direzione del fondale, lo guardo (il fondale) e chiedo:
"cosa sarebbe quello?"
ci pensano un pò, mi fissano, muovono la testa e dicono: "oceano".
"oceano?" mi stupisco. "non era mare?".
"..." rimangono tutti in silenzio.
"mare..." dicono, e aggiungono questo gesto.
"oceano..." dicono, e aggiungono quest'altro gesto.
io sono perplesso.
"allora comunque ,questa ... -acqua- giusto?"
tutti mi sorridono.si vede che ho detto bene.
siamo tutti felici.e la spiaggia è piena.
allora all'improvviso qualcuno dice: "..."
tutti nell'acqua, significa. e appena finito di dirlo partono per una corsa senza freni,decisi a gettarsi dentro l'acqua.
io lì fisso mentre corrono, mi sono dimenticato che ero compreso nella corsa.
sono fermo e sprofondo nella sabbia, forse, o forse è solo una mia impressione.
e li guardo mentre sprofondo che corrono nell'aqua dell'oceano e gli spruzzi salgono alti.

VOUOUOUOUSSSHHH...
VOUOUOUOUSSSHHH...
Qualcuno urla che l'acqua è gelida e che le gambe si congelano e che si congela anche la testa, il cervello, i capelli, gli occhi, tutto.
mia madre mi avrebbe detto di non andarci nell'acqua così gelida.
e io non ci sarei andato.
mi fanno tutti gesto di raggiungerli, di correre verso di loro, di zampettare tra i granelli sabbiosi e di raggiungerli nell'acqua.
io gli spiego che sto sprofondando nella sabbia, nelle sabbie che si muovono, e che ora avrei molti problemi a raggiungerli,perchè non mi posso muovere.
"SPROFONDO NELLA SABBIA!" urlo verso l'oceano.
Nessuno si accorge che sto sprofondando.

VOUOUOUOUSSSHHH...
VOUOUOUOUSSSHHH...

c'è anche l'altoparlante che parla.
e fa pubblicità a mc'donalds.
io sprofondo.
intanto nell'acqua organizzano giochi con palloni,acque e movimenti di corpi.
vorrei partecipare anche io e li guardo invidioso dal basso del mio sprofondo.
Non si accorgono che io li desidero.
Da qua sento il pallone e i tocchi, i colpi, i lanci, le cadute e gli schizzi.
Per un attimo si sono persi nel pallone.
Poi qualcuno torna a guardarmi.
Alza il pallone in aria e fa con un gesto ma senza parlare:" Affrettati,affrettati,vieni qui da noi.."
io sorrido, perchè so che dovrò rispondere allo stesso modo, e un pò me ne dispiace.
E allora sospiro con tutto il corpo e gesticolo che "non posso, sto sprofondando!".
Sembrano non capire da laggiù,mentre la palla viene trasposrtata dall'aria e poi dall'acqua.
Allora provo a parlare ma mentre dico che "non posso ,sto sprofondando nella sabbia..." la mia voce viene coperta dal vento.
"non...VOUOUOU...posso...VOUVOUOVU...sto...VOUVOU...sprofondando...VOUVOUOVU....nella sabbia...VOUVOUVOUSSSHHH..."
segnano con le mani l'aria e mi dicono (mi fanno capire) che non mi capiscono.
Io anche gli faccio capire che non li capisco, che non li sento ,che il vento copre tutto, che l'altoparlante copre le mie urla.
Mi chiedo come ci si possa liberare dalla sabbia, che poi quando tornerò casa mi rimarrà incastrata in ogni svolta e in ogni pieghetta, l'avrò nel cervello, nelle ciglia, tra i capelli, tra i risvolti dei pantaloni, in cima ad un capello, in fondo alle mutande.
E mi laverò per giorni con ancora addosso la sabbia e continuerò a trovarla chissà fino a quando e mi ricorderò del giorno passato in spiaggia,col vento,con l'altoparlante,con i segni di chi mi diceva vieni a giocare con noi.

hanno i capelli che sembrano sculture.
cerco di pensare.
arrivano in spiaggia con i capelli colorati e impalcati e sembra che tra poco se li toglieranno.
avvertono subito il sole che picchia perchè - è facile da capire - hanno meno melanina.
cani al guinzaglio e barbecue pronti.
i barbecue sfrigolano.
hanno lo stesso rumore del vento. io li confondo e penso che il barbecue sia il vento ma sto sprofondando nella sabbia e non posso controllare, non mi posso accertare.
Posso solo guardare davanti a me, il mare anzi l'oceano.
L'acqua, i palloni e molte altre cose che galleggiano.
Sembra qui all'oceano di non stare dove sono.Perchè sembra quasi che la sabbia lavi via un pò del silenzio e delle paure.
Li vorrei mettere alla prova e mettermi alla prova con loro, ma -urlo a tutta la spiaggia - "STO SPROFONDANDO!".
Nessuno continua a sentirmi, presi dal vento e dal friggere del barbecue.
il vento frigge, si sfibra e alza la sabbia che ci entra negli occhi.
La sabbia mi frigge negli occhi e cerco di toglierla, di smetterla, di farle dire basta.E le mani sono piene di sabbia e le uso per togliermi altra sabbia dagli occhi e non succede nulla, tutto rimane uguale e identico, sempre lui.

VOOUUUOOUUUOOOUUUOOOUUU...
il vento sta cambiando,almeno la direzione. e io cerco di cambiare direzione.anche io. e mi sembra che mi devo costruire degli scalini di sabbia,per uscire dalla sabbia e per non sprofondare più nella sabbia.allora lavora di anca.con le cose e con i piedi.e smuovo un pò di sabbia.o lameno questa è la mia impressione. mi sembro un tutt'uno con la sabbia e tra me e lei non c'è più soluzione di continuità.sembro una ruspa a vermicino. e piango di lacrime campaniliste,di dolori che mi mancano,che solo noi possiamo capire.
Urlo a quelli che stanno nell'acqua:"VERMICINOOOOOOOOOOOOOO!" ma continuano a giocare con la palla.
Poi qualcuno però si ferma.La palla non si muove più.
Si girano verso di me.anzi uno solo lo fa.Il coreano mi fissa,come rapito e sbattuto a terra.Ha sentito,nè sono sicuro.I miei occhi si accendono.Il coreano da qua ha i lineamenti sfasati, tutti imprecisi.Ma lo vedo che si concentra.Guarda con lo sguardo a me. E ripete curioso e urlando: "Bermicivo?".
Crollo nella sabbia, io che mi sembravo mi stessi per salvare.
E mi tocca rinunciare.A spiegargli che no, non si tratta di Bermicivo, ma che si dice VERMICINO, e che VERMICINO mi rispecchia oggi, mi fa sentire un pò più a casa.Un pò più me.

15/07/07

satsudaiseimonmae

"i mormoni mormorano" sussurro all'orecchio dell'americano.
l'americano scoppia a ridere.
io non so come abbia fatto a capirmi,perchè io gliel'ho detto nella mia lingua che i mormoni mormorano.
comunque sono felice, e mi inizio a srotolare dalle risate anche io.
ci ridiamo entrambi e poi guardiamo i mormoni.

i mormoni a loro volta ci guardano felici anche se non capiscono.
sono vestiti uguali.i mormoni sono in due e sono vestiti uguali, uno alto, l'altro basso.
l'alto è il comandante. quelo che parla. il basso è quello che annuisce, e ogni volta che l'alto parla il basso fa di si con la testa, oppure la sposta nell'aria per dire cose un pò più complicate di un semplice si.
io e l'americano non avevamo nulla da fare e ci siamo fermati a parlare e scherzare con i mormoni.i mormoni prima la prendono larga e fanno gli amici, non ce lo dicono ma vogliono di sicuro diventare nostri amici.
ci hanno fermato con una scusa, tipo : "ciao" oppure -visto che non ricordo- "ciao, come va?"
"sei americano?" mi chiedono.
io li guardo stupito.
"allora,come va ?" dice l'alto.
"bene" rispondo io mentre infilo in bocca un onigiri.
"è buono l'onigiri?" chiede l'alto.
mentre offro un altro onigiri all'americano rispondo al mormone alto :"certo,è molto buono l'onigiri che ho comprato."
"che onigiri ti piacciono?" chiede l'alto.
"senti, basso,ma tu non parli?" chiedo al basso.
il basso mi fa segno che - muovo la taesta in giro per l'aria. -
mi ricordo di dover rispondere all'alto.
"odio gli onigiri all'ume" dico all'alto.
lui mi dice: "che coincidenza, noi gli onigiri alle prugne non li abbiamo?"
"dove? " dico io.
"possedete un conbini voi mormoni?"
allora il mormone crede di avermela fatta. ecco,pensa, ora gli offro degli onigiri e intanto gli svelo anche la novella.
"no ,noi mormoni non abbiamo un conbini, epperò la sai quale è la buona novella?"
"quale? " e mentre pronuncio -quale- smorfio il viso e gli occhi mi escono dalle proprie rotondità.
(eccolo il mormone, ora crede di dovermi dare la notizia, anche se io in realtà la sua notizia la so già.)
il mormone respira e dichiara: "do you know that god loves you?"
io mentre mastico l'ultimo brandello di nori e riso gli dico: "ah si."
poi aggiungo "ma mic è così semplice eh"
il mormone "perchè?"
io "perchè si"
lui "come perchè si? vieni da noi e te lo spighiamo melgio."
"no è così e basta"
"tu ami dio?"
"a volte." dico io.
il basso continua a non smettere di muovere la testa, mentre l'americano accanto a me fa: "buono 'sto onigiri."

i mormoni sono tutti vestiti uguali, in ogni parte del mondo.
conquistano le periferie e si stabiliscono lì. ordinano dai cinesi quintali di badge, quintali di camice, quintali di borse, tutte uguali, tutte lo stesso modello.
poi salgono sui bus,sui tram, sui treni, si mettono agli angoli delle strade, fuori dalle case, accanto alle uscite, guardano in cielo e tra di loro parlano chissà cosa dicendosi.
io gli guardo la camicia.
"io vi ammiro" mi sento pronunciare.
mentre l'onigiri scende ripenso a quello che ho appena detto.
il mormone si blocca. probabilmente nessuno lo aveva ammirato mai prima d'ora.
"da dove vieni ,mormone?" gli chiedo io.
il mormone non risponde. i lineamenti gli si smontano e compaiono brandelli di espressioni nuove.dal volto del mormone scende una lacrimuccia che poi si ferma a mezz'aria.
io ora sono imbarazzato.
penso di aver fatto qualcosa di sbagliato e mi giro verso l'americano.l'americano non si è accorto della lacrima.
mi giro verso il basso, il basso insiste a muovere e dondolare la testa,facendo perno sul suo collo allenato.
il mormone alto rimane colla sua borsetta a tracolla ancora per qualche secondo.
poi qualche piccolo meccanismo gli si riattiva dentro la sua animella e tutto torna come prima, immobile persino a se stesso.
"vuoi venire da noi?" dice il mormone.
"ci sono molte notizie che vorremo darti.
"guarda che io frequento dalle mie parti" non è vero,ma cerco di farmi rigido. (quando un amore finisce è così che ci si deve comportare, penso)
"santa romana cattolica?" sbofonchia lui.
ha nominato il nemico.
neanche ho bisogno di parlare; annuisco e basta.
lui si sente rassegnato, forse il suo lavoro oggi è inutile.
l'americano dice che dobbiamo andare, io non parlo ma penso "ah si!?"
il basso annuisce.
l'alto allora sfodera la sua ultima arma: i volantini.
all'americano consegna il volantino con l'immagine in bianco e nero del mormone tipico. zaino ,camicia e sorriso ambiguo.
a me consegna il volantino quello più agghicciante: mormone con occhiali da studioso, occhi puntati oltre il volantino chissà dove, sorriso a metà,interrotto e sfasciato sulla carta.
dicono in coro che ci vorrebbero vedere un giorno, giusto così per fare due chiacchiere.
si, diciamo noi.
ci salutiamo,ci stiamo dividendo.
è tutto un pò triste.
i mormoni spendono le gambe verso la fermata, andranno a parlare con qualcun altro.
noi dalla parte opposta.
io penso al mormone alto, alla sua lacrimuccia a mezz'aria e al suo badge infilato vicino al taschino della camicia.
il mormone mi stava simpatico, ma non lo dirò mai a nessuno.
ora non vedo più i mormoni, sono girato ,ecco perchè.
quando mi volto nuovamente i mormoni sono là, che già stanno parlando con qualcun altro e leggo il labiale del mormone alto "c'è una notizia che volevamo darti" dicono le sue labbra.

12/07/07

rakuten dori

"spero sia una scelta stilistica,questa."
mi volto, con lentezza.
"è solo un taglio di capelli" stanco nel tono.
Allora scendiamo per la discesa, che dalle discese ci si può solo scendere.
Ci giriamo nelle strade a destra e sinistra.
"Questo?"
"non saprei"
hanno i prezzi fuori si fanno conscorrenza spietata.si abbassano e si alzano le tariffe,si fissano con aria di odio malato, alzano in aria forbici grosse così e si minacciano tra i rumori della città.
Hanno da insultarsi e da sfarsi.
Cambiano le offerte,aggiungono movimenti che dovrebbero valere il cambio di prezzo.
Sono confuso.
E' una strada affollata di barbieri, barbieri che camminano,barbieri he parlano, che si insultano e che ridono.
Insomma: barbieri che vivono.
fuori dalle porte ruotano i cilindri oclorati a strisce che si fanno seguire con gli occhi.
Mi ipnotizzo a guardarli.
"hai deciso?"
no ancora non ho deciso.
no, ripenso, non mi serve un salone di bellezza.
l'unico modo di sopravvivere qui sembra tenere più ai propri capelli che al proprio qualcos'altro.
tutti si toccano i capelli.
capelli toccai.
capelli smossi. capelli spostati. capelli alienati.
gli specchi sono stracarichi di persone ,di visi che si guardano i capelli e se li muovono.
capelli.
capelli.
"io poi vado da un'altra parte"
si lo so che vai da un'altra parte.
tutti qui vanno da un'altra parte.
han bisogno di farseli toccare i capelli, di farseli colorare, di smontarli e rimontarli.
"ma è l'unica cosa vostra che vi è rimasta?"
"cosa?" fa.
io pensavo ad alta voce.
"nulla" era che.
i capelli hanno perso la direzione.
abbiamo camminato molto.
e gli dico che a me in fondo non mi serve chissà che servizio.
solo un taglio.

osaka champion costa solo 2000.
va bene osaka champion?
io neanche sto ascoltando,fisso una macchina cubo accanto all'entrata.
si guardano,si studiano, si spiegano come io voglio i capelli, si fanno così con le mani.
il barbiere (che ha le forbici in mano come tutti i barbieri) fa i versi insieme a lui, mi guardano,mi toccano i capelli, mi guardano male, sorridono tra loro.
poi mi guardano.
io torno a fissare la macchina-cubo.
"macchinacubo" dico io.
loro mi fanno cenno di sedere.
sul divano.
l'altro mi saluta e dice che si va a far tagliare,colorare, smuovere ,impostare, smontare.
io gli dico "ok".
dal divano non si vede nulla.
solo una scaffalatura e la testa del barbiere con i capelli sparati in direzioni sconosciute.
macchinacubo.penso.
sento le forbici.
poi si danno il cambio.
il barbiere giovane fa i massaggi.
sul collo,sulla testa, sbatte le mani, le accoppia, le stacca, smonta qualcosa.

poi è il mio turno.
così,dico.
no,più corto,dico.
ci sorridiamo e cerchiamo di accordarci.
mi è gentile,mi smuove con così tanta delicatezza che quasi non mi accorgo che sto facendo tagliare i capelli.
quasi mi addormento.
mi taglia con precisione.
con attenzione.
con zelo,ecco.

macchina cubo.
rimane lì fuori al vento.
"mi piace qui?"
si che mi piace.
"cosa mi paice di qui?"
la natura,dico io.
anche se non l'ho ancora vista,la natura di qui.
"più corti?"
più corti qui e qui.
sono segni di impressione.
ci adattiamo un pò, ci sorridiamo, mentre io ogni tanto mi volto verso la macchina cubo.
c'è un asciugamano caldo sulla mia testa, a sapere come ci è arrivato.
"gli chiedo se per me ci saranno i massaggi"
mi guardano e dicono "..."
io sono contento, anche se forse non ci siamo capiti.
sembrano tagliarmi i capelli e non smettere mai ,poi all'improvviso si danno il cambio.
ho la testa che si muove a ritmo, si sposta e dico "macchinacubo", poi le mani si accoppiano e io penso che forse mi paicerebbe morire così, con i massaggi in testa e con le mani che mi piacchiettano sulla nuca.
si danno nuovamente il cambio, si fanno i cenni per dire "prego" mentre io li guardo trallo specchio.
allora si muove la sedia.
che non me l'aspettavo
e mi ritrovo dall'altra parte.
cioè ho fatto un mezzo giro.
mezzo giro e poi un mezzo inclinarmi.
succede che mi vuole lavare i capelli, io sono contento.
mi accosta la testa, mi sposta l'asciugamano, mi accompagna con delicatezza.
poi sento l'acqua.che riempie la vaschetta sotto di me ,si riempie si riepmpie.
poi i capelli mi si bagnano.
mi sposta ancora, come fosse eterno 'sto spostarmi in giro ,nell'aria.
finisce sott'acqua,la nuca.
finiscono sott'acqua,i capelli.
finiscono sott'acqua,le orecchie.
finisce sott'acqua,tutto.
ho solo qualcosa che mi permette di respirare, per il resto sono tutto sott'acqua.
mi bagno tutto sott'acqua.
apro gli occhi, e l'acqua mi ci entra dentro.
ho gli occhi bagnati e fisso i movimenti incomprpensibili fuori dell'acqua.
si muove qualcosa lì fuori.
poi mi sento qualcosa di strano vicino.
è qualcosa di un pò più caldo , comese stessi piangendo dentro l'acqua.
allora forse sto piangendo nell'acqua.
che non so come si faccia, ma credo sia così.
e mentre forse sto piangendo o forse è qualche cosa di strano che mi stanno facendo ancora una volta cerco di capire quello che succede.
ripercorro.
la macchina cubo spero sia ancora lì fuori.
mentre ripercorro mi sento scaldare intorno.
mi sento scuotere intorno. da piccolo piansi quando non mi permisero di andare sulle montagne russe, troppo veloci, troppo pericolose, troppo tutto.
mi sento smuovermi come sulle montagne russe.
penso che sia l'effetto dell'acqua tutt'intorno.
come quando sto sul tram e sento "dendendendenden" e poi si scuote tutto e poi frena e si scuote ancora di più.

mi tirano fuori dall'acqua.
il barbiere mi guarda,si avvicina fino quasi a sfiorarmi il viso.
"spero che sia una scelta stilistica"
cosa?
"il fatto che stai piangendo"
gli sto per saltare addosso.
poi lo guardo a bocca aperta,faccio una smorfia di dolore.
e decido di scappare.
urlo "macchinacuboooooooooo".

22/06/07

tsukisamu-chuo

E ora sono sottoterra.
Odori di cucine sotto terre scavate.
Si cammina sotterrati in mezzo ai negozi sottoterra.
Caffè, sottoterra, lunghi, preparati.
Mi dicono che faccia freddo quando sale la neve, qua.
Sottoterra ci si scalda, per ore a camminare.
Quando poi ti viene in mente di passare sopra, dove ci dovrebbe essere l'aria, vedi quei pochi esseri che sembrano dirti "io non sono sottoterra".
Sottoterra invece ci sono tutti.Un marketing sotterraneo che cambia le cose.Sopra sembra un piccolo brulicare di un luogo piccolo. Tutti invece sono sotto.
"Allora dov ci vediamo oggi?" "Incontriamoci sottoterra" di solito si dice da queste parti.
Sottoterra sono i discorsi,sottoterra si assa il tempo, sottoterra ci si innamora.
Ci si innamora tra un tavolino e un finestrone, a guardare le passeggiate degli altri in mezzo alla folla.Sembra qualcosa di ribaltato, che prima,quando tutti si parlavano delle passeggiate parigine, sopra la testa uno c'aveva il sole.
Ora hai il cemento.A volte lo guardi,il cemento.
Milioni miliardi che fissano il cemento perchè cercano il sole.
E non c'è sottoterra, gli si cerca di dire.
Passi i supermercati e i pesci, le carni e le verdure per andare a prendere la metropolitana, discendendo e discendendo, tra scale che si muovono e persone che si fermano.
Comprano la cena, lo snack, la bottiglia da bere, le cose da consumare.
Sono in serito nei negozi, incubato e pressato.
Immerso negli scaffali.Scaffali sottoterra, persone sottoterra,si sfasciano insieme e si guardano a turno.
Mi guardo con gli scaffali e ci chiediamo : "ci vogliamo bene noi due?" e gli scaffali non mi rispondono presi come sono a sorreggere il peso di questi giorni.
GLi dico, agli scaffali, che probabilmente tutto si aggiusterà e che non si devono preoccupare: "non vi stressate troppo" la butto là, ma loro in silenzio.
Però capisco che hanno alzato le spalle come a dire: "eh si eh, eh si già".
Continuo a sbattere contro scaffali di ogni tipo e razza scaffali su piani ,sotto le scale in mezzo alle scale scaffali che si mischiano tra di loro che i negozi non hanno confini e non hanno muri a diverli, si tocca di tutto e ogni volta qualcosa diverso.
Non c'è più confine e mi sfascio la testa su quanto cemento c'è sopra e sotto di me.
Io devo solo prendere la metro, mica comprare.
Che ci faccio con sta roba, che si mescola mescola mescola mescola.
Comincio a non vederci più.
Sono sfatto nel cemento e se mi guardo dall'alto manco so dove puntarmi o trovarmi.
Non servono satelliti,le persone sono scomparse ,sono sottoterra a comprare, no anzi, ad andare in metro.Gli scaffali sono anche dentro la metro, immersi nella metro.
Il guidatore urla i comandi ,accelera e decelera e nello stesso tempo lancia prodotti dal finestrino e fuori tutti che fanno la fila e corrono ad acchiapparli.
Si guardano felici, ma poi si guardano in cagnesco, si danno spallate e a volte qualcuno muore schiacciato sotto il treno. Il guuidatore non si ferma anzi accelera perchè quello è il suo lavoro.
Prodotti per la casa urla il guidatore mentre cambia la marcia al suo tono.Spinge il treno alla prossima stazione.
Gomme da masticare, urla un altro che non è il guidatore ma che sembra un semplice passeggero.
E le gomme da masticare riempiono il vagone.Tutti masticano.
Pentole e pentolini, urla un telefono cellulare di ultima generazione ma che sta dietro all'iphone.
Iphone, urla un altro e il guidatore esce infuriato e dice qualcosa sull' iphone.
Chi guida,diciamo tutti in coro.Il guidatore sorride ma non ci risponde.
Dice anche di smetterla con sto iphone e quando lo fa forse tocca il cuore o qualche ingranaggio del telefono e questo registra e poi si sfascia e si incanta entra in loop e: iphone, IPHONE, I-PHONE, Iphone, iPhone, iPhone, i p h o n e , phoneii , ifon, aifon, iphone, iphone, Iphone, iiiiiiiiiPhone, iPhone,
I ph one , phone phone phone
, iPhone, i-Phone, iPhone, iPhone, iPhone,iPhone,iPhoneiPhone,iPhone

il telefono non smette l'autista si guarda con tutti noi e dichiara che non può più ma che soprattutto non ne può più dell' iPhone perchè.
Tutti stiamo guardando il cellulare e diciamo basta all'iPhone e allora il signore dice: "non è colpa mia". alziamo i nostri pugni al cielo e gli intimiamo di gettare fuori dal finestrino il suo cellulare, lui si rifiuta mentre il suo stupido coso continua a dire solamente:

iPhone
iPhone
iPhone
iPhone
iPhone

nessuno nel vagone e nei vagoni ne può più dell'iPhone.
"anche perchè costa troppo" urla un qualcuno tra la folla.
"si ,ma come ci si telefona con l'iPhone!?" e tutti crollano a ridere perchè hanno capito la battuta.
Il treno sferraglia, come tutti i treni fanno.
Ancora l'iPhone non è uscito e tutti lo hanno comprato.
I cani abbaiano nei vagoni,le luci vanno e vengono,entra aria calda dai finestrini aperti, penso a Paris Hilton scarcerata,alla guerra in Iraq, ai corpi che si fanno saltare in aria e poi diventano brandelli di carne sparsa tutt'intorno e a volte i cani se la mangiano, ai jingle pubblicitari,lo shuttle ha avuto problemi ,la base orbitante super-spaziale anch'essa problemi, lo shuttle mi ricorda quello fattosi a brandelli scintille in aria fuoco d'artificio nei cieli e poi brandelli infinitesimi di carne che svolazzarono fino a terra.

Uno era ebreo, gli ebrei non tollerano la scomposizione in parti sparse del corpo del morto.
Probabile che per l'astronauta ebreo abbiamo costruito una grande bara a cielo aperto e lì l'abbiamo lasciata,misurando le distanze della caduta dei frammenti dello shuttle esploso.
Un grande loculo che era la terra ,ma chi lo poteva dire dove questi pezzi finirono, forse qualcuno volò ancora più in là trascinato dal vento e finito chissà.
I pezzi sparsi scomposti, persi.

Gli scaffali i prodotti, i brandelli di prodotti.
Il guidatore lancia scatole di prodotti dal finestrino e questi si infrangono a terra ,fracassandosi e proiettandosi in giro per la banchina come corpi esplosi con cinture esplosive.

L'iPhone ancora non c'è e tutti ne parlano, ne parlano ,ne parlano.
Le file ,i geek, le file, le splosioni.
Lo shuttle è ritornato sano e salvo, il secondo, non quello esploso, i russi hanno riparato i computer impazziti , si sono fatti i ringraziamenti dopo che hanno avuto paura di rischiare di tornare a essere polvere di stelle come i loro fratelli colleghi sparsi sul suolo della terra.

Esco dalla metro, c'è un vento leggero. Qui si sta bene.
Mi arrampico su un albero, e lì rimango a guardare chi passa e loro non mi vedono.

12/06/07

sapporo dome

Entra l'orso nel campo.
Pedala a fatica spingendo sulle punte delle zampe e ruota la bicicletta intorno al campo.
Tutto verde.Tutto finto. Quando il campo è finto le ruote di una biciclett non pedalano bene. L'orso si affatica ma non lo vuole far vedere e allora continua a pedalare mentre la bicicletta sbanda e sbanda e sbanda.
Poi entra anche la tigre.
Poi entra una seconda tigre.
Da quassù una delle tigri è femmina, da laggiù anche lo è.
Allora le tigri sono entrate con bicilette. Ora ci sono tre biciclette che si muovono per il campo. Tutti e 40000 per due occhi si affaticano a cercare di inseguire le cose che le bestie fanno in mezz o al campo.
I giocatori ancora aspettano ,chiacchierano di qualche cosa e fanno gesti per capirsi meglio.Uno di loro mangia una banana e se ne sta in silenzio.
Ora le tre bestie mettono in scena una pantomima.Si fissano e fanno movimenti col corpo, fan finta di parlare tra loro, fan finta di mettersi d'accordo, fan finta di spiegarsi cosa stanno per mettere in pratica.
Noi tutti guardiamo le bestie che si preprano.
Allora entra una ragazza di quelle che fanno presenza a bordo campo.
La tigre femmina le porge un capo di una corda e poi la tirano, la tigre da una parte, la ragazza dall'altra.
Dall'altra estremità ci sono la tigre maschio e l'orso maschio.
Non capisco, dico in giro.Allora mi viene spiegato che faranno una gara per conquistarsi il bacio della tigre femmina. Ora va meglio, sono partecipe del tifo.
Inizio a tifare anche io e imito quello che gli altri fanno, ognuno di loro imitando il vicino e cercando di sincronizzarvisi.
Tutti battono e urlano. Battono sui loro bastoncini di plastica e lanciano slogan alle bestie.
Io li inseguo e lo faccio anche io.
Gattobase!Gattobase!Gattobase!
Ora ci sentiamo tutti immersi insieme alle bestie. Le squadre non fanno cenno di entrare in campo, anche perchè ora di più importante c'è la gara tra le bestie.
Lo stadio sopra è chiuso, il cileo non si vede, fa caldo e molti mangiano perchè è ora di avere fame.
Le bestie sono partite, lo slancio se lo sono dato,le ruote fan fatica a prendere e rotolare sul terreno finto.
Tutti incitano le ruote a muoversi, le bestie a spingere sui pedali.

io gli dico, tra i rumori di plastiche e le urla , che non ci capisco nulla.
mi sorridono.
io smetto di sorridere.
allora mi offrono una frittata di cose strane con dentro altre cose strane e con sopra la maionese.
accetto.
e mangio.

ora le squadre son lìnel campo e io non mi capacito di come si dovrebbe mangiare nel modo giusto.
cerco di essere educato.
passano tre ore.
e sono tre ore di battute, palle lanciate, urla di incitamento ,palle in aria che aspettano di cadere a terra e tutti si eccitano.
le palle vengono prese al volo.
io faccio finta di eccitarmi e di dire: GATTOBASE!
mi guardano soddisfatti.
Penso che forse il baseball è uno sport bello.
E che però dura troppo.
dico a chi mi sta vicino che il baseball è uno sport troppo bello e che dovrei vederlo più spesso e che anche a casa mia dovrebbero vederlo più spesso.
In realtà, forse penso, sto mentendo.
E' che, dico al mio vicino.
Lui annuisce come a dirmi "si hai ragione", io annuisco dicendogli " si ,si" e tutti e due siamo felici.
allora fissiamo insieme le fasi del gioco.
Da quel momento ricordiamo poco o nulla.
Entrambi.Lui fissa le orecchie sulla radio che ha attaccata al corpo (forse si autoascolta la partita mentre la gaurda con i propri occhi).
Io invece sono più genuino e seguo la partita in diretta.
Ora mi giro di nuovo e con forza urlo: "no,però guarda che questa partita."
Lui accenna un qualcosa,che forse sta per "si,si come no ".
Mi giro a sinistra e dico che mi sento un pò isolato.
Come risposta mi offrono un pò di okonokiyaki.
Io declino con gentilezza.
Questa partita ormai mi sembra troppo lunga.
Non fanno altro che ripetere sempre gli stesi movimenti, su e giù per il campo,senza neanche muoversi troppo.
Epperò tutti sono eccitati dai loro minimi movimenti.
Ad ogni spalla che muove l'aria ognuno urla a suo modo, anche io urlo per non sentirmi ad anni luce da loro.Tutti urliamo, ma nessuno capice cosa stiamo urlando.

Ogni tanto le bestie tornano e fanno stacchetti per farci divertire.
E sono al centro dell'attenzione di 40000 esseri umani,e io dico che vorrei essere una di quelle bestie, rubargli il vestito e girarci in giro per la città.
In giro per la città con un vestito del genere.
Lo vorrei fare.
Poi mi guardo intorno.
C'è uno che batte su un tamburo e da il tempo a tutti.
Io sono fuori tempo.

03/06/07

chuoku dori

seduto vicino all'aggeggio che se ti ci avvicini si attiva e inizia lenta lenta a scendere acqua, lo fisso ogni volta che fa (STOC), un qualche motore dentro parte e inizia il rumore lento.
ci si accalca pulendo bicchieri, piatti, piattini e poi si gettano foglietti di scontrini e tovaglioli.
poi si va via.
io li fisso. sono tutti lì a pulire e poi a gettare i piatti dentro un vascone pieno di altri piatti e poi pieno anche di acqua.
è tutto pieno.
i vassoi dove lasciare i bicchieri sono pieni, i vassoi dove lasciare le bacchette sono pieni, pieni i tavolini e piena anche la fila dove tutti si infilano per poi arrivare a vassoi pieni dove lasciare e depositare i resti del pranzo.
hanno tutti le pance piene, o almeno tra poco le avranno piene.
si guardano negli occhi pieni e molti parlano a voce alta e piena.
finisco di raccogliere gli ultimi pezzi di riso, attaccati come sono alla curva della scodella.
li fisso uno per uno e dentro ognuno c'è qualcosa di pieno che ancora non decifro, mentre sto con la testa nella scodella rimangonon fuori rumori di fondo indistinti di cose e persone che sbattono e parlano e producono.
mi scompare in bocca in fretta l'ultimo chicco, che era quello che forse era più pieno di tutti dentro, poi mi riposo.
riposo le bacchette e riposo la scodella, riposo anche il bicchiere, che l'ho appena svuotato e poi l'ho riposato.
fisso il vassoio pieno di stoviglie ma vuoto di cose da mangiare.
mi sento pieno.
la fila si abbassa,diminuisce,si ritrae e si sfilaccia.
quando io ci arrivo siamo solo in tre, tutti di fronte alle cannelle dell'acqua, che appena ci hanno visto arrivare si sono riempite d'acqua e poi l'acqua ne è uscita.
aspetto che finiscano i due davanti a me.
fisso i gesti che fanno ,puliscono e scuotono,poggiano e lanciano, cercano spazio, mentre di là dal marchingegno una infila mani fino al gomito nell'acqua,che sta nel vascone, dove dentr al vascone ci sono scodelle,piatti ,piattini.
mi ringrazia la rngrazia ,la ringrazio e poi mi ringrazio.
mi volto.
sento la macchina spegnersi,le cannule d'acuqa nell'aria smettere, il rumore fermarsi.
tutto torna calmo.
voglio l'acqua, mi dico.
mi fermo davanti all'altra macchina, quella che dentro deve avere una serpentina che gira intorno al serbatoio e fredda l'acqua.
l'acqua è sempre fredda.
raccolgo dal contenitore un bicchiere.
il contenitore dentro ha un meccanismo per far salire i contenitori di bicchieri.
appena il bicchiere è nelle mie mani, qualche stantuffo dentro, qualche ammortizzatore per contenitori di bicchieri perde l'equilibrio faticosamente conquistato e oscilla oscilla oscilla lento e basso.
i bicchieri dondolano al seguire il dentro del contenitore.
lo fisso e dondolo pure io dentro la testa.e quel dondolare dentro mi dondola in giro per la testa e anche per tutto il corpo.
che io in questi giorni mi sento dondolare in giro.
mentre dondolo faccio scendere l'acqua nel bicchiere.
prendil il bicchiere, premi la maniglietta col bicchiere, l'acqua scende nel bicchiere.
il bicchiere si riempie mentre dentro la pancia della macchinetta dell'acqua fa improvvisa glogloglo. pressioni che sbazano e equilibri che si perdono, ancora una volta.
gorgogliare,gorgogliare, fa la macchina.
io mi ricordo e le dico: "ecco, vedi, ora si, eri tu che mi mancavi!".
dice solo: "gorgoglio"
c'ho pensato per giorni a chi mi mancasse, le dico.
e lei gorgogli.
le pareti fanno condensa con l'aria intorno, se la prendono, la freddano e poi l'acqua si aggrappa al metallo.
le dico: "stai facendo condensa".
lei silenziosa, poi dopo un gloglo improvviso.
le dico smettila di fare condensa, non ti fa stare bene.
(in realtà so che lo dico perchè è una cosa che non piace a me,penso di essere egoista,ma forse lei non se ne accorge)
si forma una fila dietro di me.
vogliono l'acqua anche loro.
io gli faccio segno di aspettare.
mentre aspettano intanto io non ho mai staccato la mano dal bicchiere e il bicchiere dalla maniglietta, l'acqua esce dal bicchiere, ormai colmo più di quanto possa essere colmo.
l'acqua fredda mi fa addormentare la mano.
le dico che ci sono altri che vogliono prendere dell'acqua,ma che io ho deciso che non gliela farò prendere.
lei non dice nulla,forse non approva.
"se non approvi ti capisco,sai?" faccio finta di voler discutere, di volersi capire.
in realtà no.
ora la fila è incredibile.
una fila mai vista.
in fila ci sono anche quelli che lavorano alla mensa, curiosi di avere un pò di acqua anche loro e curiosi di fissare me che parlo con lei ,che era quella che mi mancava.
dietro si fanno insistenti, mi dicono che vorrebbero prendere dell'acqua, ma io spiego loro che non possono più, perchè io non credevo ma mi ero ricordato che lei era chi mi mancava.
"ora che non mi manca più, ora che è qui a riempire lo spazio dove è appoggiata, voi non potete più servirvi da lei" faccio io , con sicumera rilassata.
"mi dispiace", poi aggiungo.
loro - la fila - ovviamente non sono d'accordo con me.
e me lo fanno sapere deformando volti e gesti, muovendo il corpo e spostando i pesi e gli equilibri che hanno dentro.
le dico: " non ti preoccupare, ora ti porto via di qui"
lei gorgoglia e poi fa glogloglo.

senza aspettare che lei risponda oltre o si faccia capire meglio, decido per portarla via.
senza farmi preoccupare dalla fila la prendo sottobraccio e lento lento cerco di raggiungere l'uscita.
naturalmente l'acqua inizia a uscire da tutte le parti e io mi bagno la testa ,le scarpe, il bicchiere no so più dove è finito e la fila mentre si rende conto di quello che sto facendo decide unanime di non permettermi di liberarmi di loro.


in mezzo all'acqua gelida mi ricordo solo io che fisso il soffitto, sento freddo e tutti intorno che mi insultano.
non so lei dove sia finita, la cerco intorno ma non la trovo.
chiedo alla fila che ora non è più una fila ma un corpo misto di genti dove lei sia finita.
non mi rispondono e poi non ricordo più nulla.

20/05/07

hojikogi dori

oooops.
faccio spazio tra le cose e mi posiziono dondolandomi fino in basso.
due tre passetti e mi aggiusto, mi immobilizzo incartandomi.poi faccio attenzione ai piedi e ai bordi.

"al centro mi annullo.
bisogna stare sui bordi,dove c'è turbolenza."

questo dice il jingle del centro commerciale mentre io rimango sospeso sul buco dove scompaiono le cose prodotte dalle persone.
o forse l'ho pensato io mentre il jingle suonava.
sono sospeso sul buco dove scompaiono le cose prodotte dalle persone.
fisso la maniglia della porta, stabilisco un equilibrio improbabile tra me e il mondo che mi ruota intorno in questi ultimi minuti e poi mi fermo.
nei centimetri oltre la mia porta e il mio piccolo quadrato di spazio scalpicciano e pisciano in continuazione.
il jingle canta "fatevi avanti che noi siamo il meglio.il meglio del meglio. io sono te,tu sei me, e noi insieme siamo il meglio del meglio del meglio."
forse il jingle ha ragione,insieme siamo il meglio.
una spinta e uno sforzo.
cerco di convincermi.
io sono il meglio, il meglio del meglio.
ma il jingle mi ricorda che io da solo non sono il meglio del meglio, ma solo insieme siamo il meglio del meglio. dissento: "io da solo vorrei essere il meglio del meglio" dico ,penso e poi spingo.
sforzo.
io da solo.sforzo.
ho detto prima "un momento, un momento e arrivo" invece sono qui dentro da anni.
non mi ricordo neanche più quanti.
"in un momento finisco" credo di aver ripetuto mentre entravo.
sforzo sforzo sforzo, come ieri sforzavo a mettere piedi uno di davanti all'altro, mentre percorrevo i piani dedicati alle club activities.
c'è tutto un palazzo dove ci sono tutte club activities.
qui si ricreano, si rilassano, si rigenerano.
fanno a gara a creare più attività diverse, tutte una sfumata dall'altra.
poi le pubblicizzano sulle bacheche, fogli A4 infilati uno contro l'altro con in scritti slogan e disegnati pupazzi, orsacchiotti, occhioni grandi, sorrisi giganti, qua ovunque c'è sempre un pupazzo disegnato, pupazzi ovunque per pubblicizzare ogni cosa.
abbiamo scelto una club activities in particolare.
per provarla almeno una volta.
club activities sul nulla, in particolare.
il palazzo delle club activities è il più gettonato dell'intero complesso.
è il più affollato e il più ricercato.
ogni stanza,una club activities.
ogni porta un gruppo di persone diverse.
entrano e escono ,si tolgono e si rimettono scarpe, si slautano e si prendono in giro, si scherzano e si fissano.
dovrebbero fare qulacosa all'interno delle stanze delle club activities.
per esempio gestire le club activities e soddisfare i punti esposti sui fogli A4 riempiti di orsacchiotti.
fuori dalla porta di alcune stanze ci sono cartelloni e disegni colorati che si schiantano con l'idea che ho dei venti anni.
sembrano cartoni animati o un posticipare i tempi.
entro dentro uno di questi cartelloni, anzi lo sorpasso.
mi fissano, sono stupiti di vedermi lì, anche perchè senza volerlo e senza poterci fare nulla sono diverso da loro.
si accendono quasi tutti tranne uno che dorme.
poi sembra che vogliano dire qualcosa ma in realtà non sanno che dire.
sono stipati dentro una stanza larga, con un tavolo al centro e divani intorno.scarpe ammonticchiate, scombinate che aspettano all'entrata.
mi presento.
loro storpiano il nome e sono gentili.
non parliamo quasi mai.sono lì dentro da ore e li fisso tutti a turno.
sembrano non avere nulla da fare.
cerco di chiedere dell'attivit che svolgono là dentro e con poca maestria virano tra i sassi spersi del non potermi spiegare, del potermi far capire.
io capisco solo che girano intorno alla questione.
e parlano si che vorrebbero, si che dovrebbero, mentre penso che allora il tempo che spendono qui a cosa serve?
a qualcosa? gli chiedo. si certo mi dice quello che si è autoincollato contro di sè il compito di fare da portavoce.agli altri non gliene frega nulla di quello che succede. però guardano.
gli chiedo cosa fanno qui dentro. il portavoce mi spiega che fanno quello che dice il foglio A4 che ho con me e che fanno quelo che il cartellone colorato di disegni dice che fanno.
gli vorrei dire che non è vero, perchè non fanno nulla di lontanamente simile a quello che lui dice loro stanno facendo.
sono impauriti, forse.
anche io sono impaurito.
mentre parlo mi metto camminare per il corridoio ,esco nuovamente fuori dalla stanza ealzo la voce ad ogni passo per farmi sentire da chi è rimasto dentro. infilo la testa in ogni porta aperta e dentro ogni porta e dentro ogni stanza non stanno facendo nulla, c'è chi dorme per terra sopra un materasso, chi accanto gioca ad un videogioco che scorre, chi cammina impegnato nella espressione che fa.
c'è tutto lì dentro. ci sono tutti. rivedo facce che ho imparato a vedere mentre continuo ad alzare la voce per fare in modo che mi sentano ancora e ancora.
sono in un corridoio infinito pieno di stanze infinite. neanche posso immaginare quante club activities ci siano lì, e neanche riesco a immaginare le cose che si fanno dentro le stanze oltre le porte.
penso che mi manca qualcuno, qualcuno che non vedo da tempo, ma non riesco ora qui a far presa sul suo volto, non so chi mi manca.
mentre mi manca qualcuno cammino per il corridoio che non finisce e ripeto meccanico i movimenti del mio corpo che si infila nelle porte e guarda dentro le stanze.
non c'è nessuno che sta facendo quello che pubblicizza di fare.
ci sono i cellulari nele mani, vengono premuti e richiusi, riaperti e ripremuti, si fissano e si parlano.
giocano e dormono. parlano e entrano e escono dalle stanze e poi ritornano e si girano perchè chiamati, aprono finestre per fumare fuori il fumo,alzano la testa dal tavolo si passano fogli con appunti leggono riviste per sole donne o per soli uomini dove ci sono pubblicità per soli uomini o per sole donne, masticano gomme, si scambiano email sul telefono, discutono di cose varie assorti in qualcosa d'altro, parlano tra amiche, si chiamano tra le stanze, giustificano azioni,percorrono corridoi, si raccontano di ieri e di cosa domani, si fanno scherzi rapidi fatti di parole o anche di gesti, mi fissano, mi cercano, poi mi si dimenticano, a me manca qualcuno ma non so chi, si spostano di punto in punto, si salutano e forse se ne vanno a casa, non si baciano, si infilano le scarpe con movimento giustificato, si aggiustano i corpi e le giacche, le borse le riempiono, sfanno giù il torpore, dicono bye, si infilano nel corridoio, salutano con la mano al di là di altre porte di altre club activities, si organizzano per la sera, o forse per il fine settimana,prendono le bottiglie dalle borse, bevono un goccio del liquido dentro le bottiglie, poi ripongono, fanno giochi, fissano il muro, si stendono sui divani e socchiudono gli occhi quasi addormentandosi, hanno gli occhi semichiusi le guance morbide, prendono a schiaffi il divano per sistemarlo meglio, pensano a cose che io non so, parlano di biciclette parcheggiate qua sotto il palazzo, indicano un amico e parlano di lui.
ma non fanno nulla di quello che è scritto sui fogli A4 appesi alle bacheche come pubblicità.