27/09/07

hummer

allora sono di nuovo da mister donuts.
dentro la tv piazzata lì accanto va a ripetizione lo spot di mister donuts.
lo cantò,che ormai so le parole anche se non so cosa stiano dicendo.
mister donuts è un posto dove si vendono le ciambelle.
ciambelle di tutti i tipi e di molte forme diverse.
i colori invece sono pochi e più o meno tutti simili.
c'è un pò di bianco, un verdognolo spruzzato ogni tanto, molto marrone.
tanti tipi di ciambelle.
scorro col vassoio.
prendo in mano le pinzette per afferrare le ciambelle.

provo le pinze in aria.
le pinze funzionano e afferrano l'aria.
scorro col vassoio e le pinze nel vassoio.
ci sono ciambelle a forma di stecco,ciambelle rotonde, ciambelle a forma di tanti rotondi che si inifilano uno dietro l'altro e col buco in mezzo, ci sono ciambelle su tre livelli.
alla mia destra una mamma fa fatica a scegliere le ciambelle.
nè ha già afferrate otto, tutte accartocciate insieme nel vassoio.
il bambino fa i gesti e guida la scelta.
io guido la mia mentre guardo la loro.
guardo il bambino, il bambino mi guarda, io spero che non chieda alla mamma di afferrarmi con le pinze.

rallento e cammino lento.
scelgo una ciambella ,col buco in mezzo e lo spazio intorno con su un lato una strisciata di cioccolata rafferma.
poi vado avanti e afferro con le pinze una ciambella rigonfia picchiettata di scagliette di cocco che sciamano in giro appena le mie pinze la toccano.
la mamma sta pagnado.
si fa dare una scatola di cartone ci infilano le ciambelle dentro e loro fanno per andarsene e andarsele a mangiare forse a casa.
io invece chiedo un caffè.
cosa!' fa l'espressione di lei sul viso.
un caffè, ripeto.
caldo.
-caffè.......cinque minuti..............-
capisco solo queste due cose.
allora dico:- qui.
-tutto-
-ora-
questo è quello che dico.
lei forse mi capisce, mi guarda sempre co sto cappello di ordinanza infilato in testa.
io penso che....
poi mi dimentico cosa stavo pensando e rimango ad aspettare il caffè.

lei mi fa cenno che vado là con la mano me lo dice che poi me lo porta lei.
io capisco.
lei mi riconsegna la tessera dei punti del mister donuts.
io la afferro.senza pinze.
è ancora calda,la tessera,perchè ogni volta la infilano in una qualche macchinetta e cancellano i punti vecchi con qualche questione di caore e poi ci imprimono i nuovi punti.
io non lo so che cosa si vinca con questi punti,non so neanche se si vinca qualcosa.
allora penso che il fatto che non so se si vinca qualcosa con i punti che accumulo forse è una cosa di quelle metaforiche, che vogliono dire altro da quello che apparentemente vogliono dire.
insomma,penso che tutto mister donuts stia lì per un altro motivo da quello apparente che è quello di vendere ciambelle.
allora cerco di capire quale è questo altro motivo.
e ci sono altri che siedono e mangiano le ciambelle e chiedo loro se sono anche loro delle metafore, magari stanno lì per dare un senso ancora più metaforico a tutto quel negozio pieno di ciambelle.
cerco qualche metafora collegata alla mia infanzia e ai miei ricordi di infanzia e quando arriva il mio caffè chiedo alla commessa : -sai se per caso anche tu sei una metafora? - poi mi sembra di essere un pò maleducato a fare quella domanda e la cambio : - sai se mister donuts in realtà è una metafora di qualcos'altro? - lei non credo capisca.

il caffè è nero.
in una tazza da cappuccino.
mi sono fatto dare tre minivaschettine di latte.
apro tutte e tre le vaschettine. aspetto a versarle che siano aperte tutte e tre.
le verso rapidamente una dietro l'altra. il latte crolla nel caffè iniziano le volute che conosco e che aspetto sempre.
la goccia di latte si spalma nel liquido nero, poi si sfalda nel caffè e iniziano delle piccole turbolenze irregolari.
il caffè lento cambia colore, le ondine del latte si fanno tante ,un pò ovunque in mezzo alla tazza.
salgono le prime macchie che restano aggrumate senza confondersi e mischiarsi al caffè.
questo vuol dire che il latte è un latte finto.
adesso c'è un pò di marrone ovunque e anche le ultime parti di nero si sfanno lente in mezzo alle onde di bianco che si strusciano intorno.

io tocco le ciambelle mentre aspetto che il caffè e il latte si calmino.

Mordo la ciambella con le scaglie di cocco e tutto si sbriciola sul vassoio, briciole di ciambella e briciole di cocco.
briciole in giro ,alcune cadono nella tazza ormai marrone.

intorno sento i rumori del supermercato che ci circonda tutti.
fuori c'è il sole.
le bandiere delle pubblicità a forma di stendardo si scotono al vento.
c'è spesso vento qua.
guardo il parcheggio fuori.
un hummer entra e si ferma proprio davanti al finestrone.
scende uno che sarà alto un metro e cinquanta.

poi penso che le metafore sono cose strette.

05/09/07

mt.moiwa

allora siamo praticamente immersi nel verde,in mezzo agli alberi, in mezzo alle piante basse e a tutti gli insetti che l'estate qui si scatenano.
lui arranca con affanno davanti a me dicendo ogni tanto al vento "da qui" o anche "da questa parte" oppure " attento qua".
io in realtà non lo ascolto , o forse si, visto che mi ricordo le frasi sue.
lo seguo docile.
gli fisso la schiena la maglietta e i pantaloni senza forma, poi la maglietta lentamente cambia colore,si bagna ,è sudata.
io lo seguo docile.
mi spingo il palmo di una mano sul ginocchio per darmi spinta,poi spingo l'altro palmo dell'altra mano sull'altro ginocchio,per darmi spinta.
respiriamo alternati, lui prima poi io , prima io poi lui.
"manca poco?" penso senza dirlo.
siamo in mezzo alla vegetazione,in mezzo agli alberi,in mezzo agli insetti che d'estate qui si risvegliano tutti insieme.
è umido, è umido tutto.sono umido io ,è umido il terreno, l'aria è umida ,il braccio mi si imperla continuamente di sudore, goccia su goccia le vedo uscire sotto i miei occhi.
era mattina che eravamo partiti. è ancora giorno che siamo qui.
in cima al monte ,come mi dice lui, si vede tutto,ma proprio tutto.nulla rimane fuori dagli occhi,poi il vento ti rinfresca, poi si può riscendere con calma quando ti pare,dice lui.
io ci credo, ma poi smetto.
poi riprendo a crederci,perchè sembra proprio così,anche nei racconti di chi già l'ha fatto, di chi l'ha fatto prima ,di chi l'ha fatto ieri.
non incontriamo nessuno sul sentiero.tutti avranno scelto di prendere la funivia,perchè forse il troppo caldo l'infastidiva.
io non so chi abbia detto tra noi due "andiamo a piedi" comunque siamo a piedi.
ho i piedi che bruciano.
il sudore che scende.
davanti a me la maglietta che vedo ora è completamente bagnata.
sembra di essere in una sauna.
una di quelle che ti tolgono proprio il respiro, e ti si fa difficile anche solo aprire la bocca per mettere dentro aria.
dal naso neanche a parlarne.
qui invece in quest'intrico di rumori d'insetti respiro col naso.
sono solo insetti,anche gli alberi sono insetti.
sembra che gli alberi ne siano pieni, ne siano composti.
probabilmente gli alberi in realtà sono molti insetti che stanno tutti insieme e si cantano reciprocamente.
"gli alberi ne sono pieni" dico a lui che mi sta davanti.
"di che?"
"di insetti" dico io.
"quelli che fanno questo rumore"
lui fa di si con la testa e risponde " si,fanno questo rumore".
lui è abituato.li sente ogni estate,ogni volta che arriva il caldo.
io invece ancora non mi ci abituo,come la prima notte a casa mia passata ad ascoltare le ruote del tram sotto casa.
"come il tram sotto casa mia" urlo forte,forse per superare il muro di umidità che mi separa da lui.
per un pò non risponde, forse pensa agli insetti messi vicino ai tram,che insieme ci stanno poco.
poi dice " a me piacciono" e non capisco a cos si riferisce,se agli insetti ,al tram o ad entrambi.

"manca poco?" penso io senza dirlo.
lui davanti non parla, ansima solamente.lo vedo concentrato,corrugato sui suoi pensieri che forse combaciano con la strada da fare.
io cerco di corrugarmi anche io,insieme a lui,ma desisto.
io sono corrugato solo sulla sua schiena,che si ondula in qui e in là, tutta bagnata.
"dovremmo essere quasi arrivati" sento lontano,come se a pronunciare la frase fosse uno sconosciuto chissà dove.
gli insetti ora mi stanno nella testa e non sono più gli alberi.
adesso mi stanno in testa.
e si sono mischiati col dovremmo essere quasi arrivati e mi confondono tutto.
probabilmente ci sono solo loro ora.
sono avvolto nell'umido e qualcosa ormai, sono sicuro,mi si è appiccicata addosso.
vorrei evitare di pensare "forse abbiamo sbagliato strada" ma non sono sicuro di poter resistere.
lo penso ugualmente.
lo penso ugualmente.
lo penso ugualmente.
non smetto di pensarlo.
non smetto di pensarlo.
"forse abbiamo sbagliato strada" l'ho detto. e me ne pento.
lui neanche mi guarda.forse non mi ha sentito.
io cerco di dimenticarmi.mi dimetico.penso agli insetti.
poi dopo tipo otto ore lui esclama "non ci siamo persi!".
e poi più nulla per altre otto ore.

stiamo ancora camminando.
siamo ancora in mezzo alle piante.
in mezzo agli insetti.
poi mi sento dire "io me ne torno a casa,cioè ho il volo la prossima settimana"
io non parlo.
poi all'improvviso dice che siamo arrivati.
c'è uno spiazzo. dove il sole crolla a picco,perpendicolare sulle teste.
io mi guardo intorno. guardo al di là della montagna. non si vede la città.
lui allora dice "mi sa che siamo finiti dall'altra parte".
io lo guardo,ci guardiamo, poi gli chiedo "ma davvero te ne vai?".